"...chissà com'è, avevamo sempre cercato di costruire il nostro "angolo di paradiso" e quell'estate, di quell'anno strano, finimmo per capire che in realtà era sempre stato lì, dove anni prima ci aveva portato quella strana ebbrezza che ti dà la gioventù." C. T.
martedì 18 settembre 2012
L'EREDITA' DEL NOVECENTO
Le PAROLE sono spogliate da qualsiasi connotazione fisica, risultano solo come PURO SIGNIFICANTE. Svuotate da tutto ciò che è indicativo, descrittivo, naturalistico; completamente levigate, cristalline.
I poeti perfetti ci hanno tolto tutto: le nostre poesie non vogliono dire più niente agli altri: non valgono allo stesso modo per il lettore. Non valgono per una comunicazione diretta tra autore e lettore ("la poesia è di chi gli serve", diceva Massimo Troisi ne "Il Postino").
Tutto resta dentro. Come in un quadro di Mirò.
Scrittura e lettura SILENZIOSE: quasi un OSSERVARE la parola, senza pronunciarla, solo facendola risuonare nella mente, quasi che, se la pronunciassimo...si DILEGUASSE, sparendo per sempre dal vocabolario e disperdendosi.
Questa è per me l'eredità del Novecento (secolo, forse, fin troppo rumoroso)
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